martedì 29 dicembre 2009

Ripartiamo dall'amor patrio

L’amor patrio ha da qualche tempo lasciato posto ad altri termini più dinamici ed attuali quali esterofilia e globalizzazione.
Sarebbe molto interessante riuscire ad essere più consapevoli ed orgogliosi del nostro territorio e delle relative produzioni; vivere la nostra regione, il nostro territorio con l’orgoglio di farne parte, di sentirsi titolare ed ambasciatore di tutte le positività, le produzioni che lo stesso esprime.
L’obbiettivo è dedicare grande considerazione per arrivare al sentimento vero verso il territorio, culture e tradizioni, riuscendo a trasmetterle in modo molto veritiero e naturale.
Il valore aggiunto di una zona sale anche per la considerazione ed il rispetto di se stessa, diventa importante perché si ritengono di qualità i prodotti che esprime, se noi tutti saremo convinti di questo, sarà molto più facile trasmettere all’esterno la nostra convinzione.
All’aperitivo o a tavola, si alternano nel nostro lessico le zone di produzione più blasonate e legate alla moda del momento.
Invertiamo la tendenza, Cruasè è il nostro punto di partenza, ci distingue, ci rende chiari ed appetibili con i nostri 3.000 Ha di vigneti in produzione che in modo del tutto naturale ci consegnano una base importante ed edonistica per puntare in alto, si in alto perché come dice l’illustrissimo professor Peppino Fogliani “pensiamo in grande perché nel piccolo ci si arriva per caduta verticale”.
Si rende necessario impegnarci tutti per mantenere coltivate le nostre rigogliose colline, rispolverare l’orgoglio di accompagnare amici e conoscenti per strade e paesi rimasti fermi nel tempo, mostrare le migliori produzioni locali, pranzare e cenare nelle Trattorie e Ristoranti che conservano menù della tradizione e vini locali. Il mondo consumatore è avido di situazioni legate alla tradizione, quella buona, quella che il nostro territorio ha dimostrato di poter esprimere; se ci crediamo tutti, la produzione vitivinicola e tutto l’indotto produttivo alimentare troverà l’energia per tornare ad essere terra di produzione e non da importazione.
“Cosa beviamo?... un Cruasè!”. Iniziamo da lì.

Paolo Massone

giovedì 12 novembre 2009

Guide e Consorzi, per noi conta la Denominazione

Oggi vorrei portare alla vostra attenzione un argomento di grande attualità: le guide del vino. Intendo soffermarmi, però, anzitutto sulle responsabilità a riguardo attribuibili al Consorzio di tutela.
Ottobre è stato il mese delle guide (tutte o quasi vengono presentate in questo periodo dell’anno). Su ogni media abbiamo letto le discussioni in merito a premiati, quasi-premiati, recensiti ed esclusi. Come nascono le guide?
Le degustazioni dei vini vegono svolte a fine primavera-inizio estate; alcune guide degustano i vini presso le loro sedi di appartenenza, altre in Consorzio. Nel primo caso lo staff consortile si preoccupa di raccogliere i vini e spedirli a destinazione, nel secondo si attiva prestando tutto l’aiuto possibile ai professionisti che si dedicano alla degustazione.
In entrambi i casi, il Consorzio lavora per spiegare agli incaricati i progessi che il territorio ha fatto nell'ultimo anno. Il traguaro è, ovviamente, ottenere il maggior numero di aziende recensite e di eccellenze messe in evidenza.
Non bisogna però andare oltre. Il Consorzio di tutela che presiedo non entrerà mai nel merito della scelta di un'azienda al posto dell'altra. Sia chiaro a tutti che il Consorzio rispetto queste decisioni è assolutamente terzo, com'è giusto che sia.
L’ambizione di essere riconosciuti bravi e di camminare accanto ad altri è la ragione che sta alla base delle nostre scelte, che ci mette in condizione di usare tutti i metodi (leciti) per arrivare sempre più in alto.
Ci auguriamo che ad essere soddisfatti dei giudizi delle guide e del lavoro che il Consorzio mette in campo non siano le sole otto aziende premiate con l’eccellenza.
Per noi l'azienda è una, si chiama Oltrepò Pavese, ed è fatta da 13mila ettari di vigneti e poco meno di 3mila aziende, produttive e sempre più determinate.
Il traguardo, che credo condividiamo, è migliorare la posizione qualitativa della nostra zona ricavando il nostro spazio fra i migliori sul panorama produttivo nazionale. Su questo percorso le guide occupano una loro posizione, non enfatizziamola troppo ma diamo ai giudizi il peso che meritano.

Paolo Massone

martedì 20 ottobre 2009

Guide 2010, il vino d'Oltrepò cresce

Le guide 2010 testimoniano il fatto che la nostra zona di produzione cresce. Secondo i degustatori siamo più convincenti dal punto di vista qualitativo. C'inorgoglisce che siano stati premiati i vini che simboleggiano i nostri progetti territoriali.
Esprimo grande soddisfazione e compiacimento per le eccellenze, ma resta comunque doveroso complimentarsi per tutti i vini recensiti. Dev'essere lo sprone per continuare il cammino del produrre bene, con i presupposti dei grandi, così come il nostro territorio si merita.
Le guide, ogni anno in questo periodo, fanno scattare una gara fra produttori, cuochi, albergatori e altri. Rintengo positiva questa possibilità di misurarsi, di rincorrere la qualità dei prodotti, per proporli nella loro migliore veste. Tutto questo ha sicuramente contribuito alla ricerca e alla conoscenza della cultura enogastronomica. Su quest'onda tanti produttori hanno raggiunto, in pochi anni, importanti risultati qualitativi, in linea con le migliori produzioni mondiali.
Per contro, a chi non è riuscito nell’intento, a chi si è classificato al di sotto delle sue aspettative, direi di non stracciarsi le vesti ma di dare a questi risultati degustativi il peso che si meritano. I fattori legati alle eccellenze sono molteplici: è molto difficile trovare posto sul gradino più alto della classifica. Non per questo dobbiamo demordere, anzi suggerirei di aumentare per quanto possibile l’impegno per produrre meglio. Si rende necessario migliorare di continuo per rimanere in linea con i più bravi: nel far questo renderemo merito al nostro territorio di produzione, il quale sta ampiamente dimostrando che, se chiamato in causa, risponde molto bene.
Le basi ci sono, le intenzioni si stanno gradualmente concretizzando. La strada imboccata è quella giusta, percorriamola al meglio.

Paolo Massone

mercoledì 7 ottobre 2009

Cari produttori, partecipate di più

Carissimi colleghi,
domenica 4 Ottobre nell'ambito della manifestazione fieristica enogastronomica “Autunno Pavese Doc”, la Camera di Commercio di Pavia in occasione dell'approssimarsi del 50esimo del Consorzio di Tutela ha organizzato un importante convegno sulle nuove tematiche vitivinicole che l’OCM ha adottato.
Il convegno è filato ricco di argomentazioni: Martelli di Assoenologi sempre molto esauriente nell’esporre dati e modalità; da citare le memorie storiche del carissimo professor Fogliani; ottimi argomenti anche quelli dei relatori Barberis e Daffonchio, dinamico e preciso rappresentante della Regione Lombardia.
In sala erano presenti istituzioni ed enti, i rappresentanti dei Consorzi di Franciacorta e Valtellina, giornalisti e professionisti ma, ahimè, pochi produttori oltrepadani.
Sono perfettamente consapevole delle fatiche che la recente vendemmia ha richiesto, nonostante questo un poco di buona volontà in più sarebbe stata gradita da tutti coloro i quali si sono prodigati a organizzare questo importante convegno.
Spero che in futuro si possa contare sul vostro coinvolgimento morale e materiale, questo per poter rappresentare un peso specifico più importante di fronte ad istituzioni ed enti, ai quali chiediamo tanto in ogni senso.
Seguire i lavori in modo diretto evita eventuali dubbi che, immancabilmente, si porranno. Vi chiedo di esserci per non essere nella frustrante situazione di dover chiedere di continuo per poi, a volte, non riuscire ad arrivare a un’informazione precisa tramite il passaparola.
Seguire i lavori ci mette nella possibilità di esporre riflessioni ed eventuali dubbi, di essere protagonisti nel mondo della denominazione, anziché sudditi inconsapevoli.
Scusate l’esternazione,
Paolo Massone

sabato 26 settembre 2009

Identità di zona

Penso che in un futuro più o meno prossimo, si evidenzieranno  sempre più due strade produttive, la prima di facile consumo, vini legati al vitigno, di corretta fattura ma senza una vera identità di zona. Altra strada sarà destinata a tutti quei vini che insieme alla bottiglia e relativo contenuto, offrono una storia produttiva ben precisa, più o meno storica.
Questa volta non voglio parlare di noi e del nostro posizionamento in queste due strade, lascio ad ognuno il proprio pensiero, quel che vorrei è cercare di capire quale potrebbe essere il futuro di questo Oltrepò Pavese nelle due opportunità.
La prima è molto semplice, le cantine sono perfettamente in grado di produrre vini corretti d’annata, la grande distribuzione organizzata è il vero motore che consuma milioni di bottiglie di detto prodotto, quindi  il lavoro è certo.
Pena la grande concorrenza con una miriade di altri vini analoghi di tutto il mondo, sarà quindi una vera e propria battaglia dei prezzi, valore aggiunto basso.
La seconda è decisamente più complicata e di difficile attuazione, il lato positivo è che l’Oltrepò Pavese ha una storia produttiva secolare vera, ed una massa critica importante in termini di numeri; questa è una base molto forte sulla quale poggiare i nostri progetti futuri.
Per progetti futuri, non si intende stravolgere inventando solo cose nuove, per progetti  si intende  definire la produzione in modo molto chiaro e razionale rispetto al territorio Oltrepò Pavese stesso, alcuni prodotti, sicuramente i più storici e radicati, saranno le nostre bandiere, le nostre opportunità per seguire la seconda strada, quella che porta ad un valore aggiunto, ad un posizionamento edonistico sui mercati del mondo.
Sopra ho scritto che non avrei parlato del nostro posizionamento odierno, lo farò dicendo che l’Olrepò Pavese per chi scrive è posto esattamente a metà fra queste due strade. Siamo come nel limbo, mai come ora si rende necessario decidere. Non sarà possibile percorrere immediatamente solo la seconda strada, dovrà comunque diventare il nostro obbiettivo finale; per arrivare a questo sarà inevitabile seguire in parte la prima, ma scindendola molto bene dalle seconda, in modo tale che non abbia a svilire il lavoro importante e oneroso di produzione e comunicazione del progetto vero Oltrepò Pavese.
Dentro o fuori, decidiamo se rimanere produttori di uve. Punto. Altrimenti, così come mi aspetto, ci infiliamo il vestito buono e ci presentiamo al mondo consumatore, con tutte le credenziali per essere considerati così come ci meritiamo e come la nostra storia antica recitava.
Buona la seconda!

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sabato 19 settembre 2009

Prezzi delle uve: come leggerli, determinarli, farli crescere

Prezzi delle uve: un argomento di sicuro interesse e allo stesso tempo di difficile approccio. Proviamo, insieme, a capirci qualcosa in più.

Premessa: grande rilevanza ce l'ha il mercato, la borsa delle vendite, che determina le giacenze di vino nelle cantine. Inutile sottolineare che se sono vuote si affronterà il mercato con un'enfasi molto diversa, non avendo scorte da smaltire: quantità disponibile e domanda determinano il prezzo.

Detto questo, qualità a parte, due sono le condizioni che determinano i prezzi delle uve: il primo è il mercato commerciale diretto. Per semplificare funziona così: il viticoltore vende le proprie uve a un commerciante che segue un andamento di mercato, in genere si concorda un prezzo che può oscillare di pochi euro a seconda della zona di provenienza delle uve, dal loro stato di maturazione e salute. Quando il volume di vendite tende al ribasso si ritirano le uve senza stabilire un prezzo preciso, in questo caso il viticoltore si trova nella triste situazione di doversi accontentare, di fermarsi alla soglia minima di “sopravvivenza”.

Altro caso riguarda i soci conferenti alle Cantine cooperative: un mondo a sé, che esula completamente dal discorso vendita uve dal viticoltore a terzi. In pratica il vignaiolo vinifica le proprie uve in un centro (Cantina sociale) insieme a quelle degli altri soci, segue la filiera di trasformazione e pone in vendita i vini così come qualsiasi cantina privata che produce e trasforma. Il prezzo delle uve è determinato da come e quanto vino si riuscirà a vendere. Il pagamento delle uve viene effettuato con acconto, in primavera, alla vendita dei primi vini nuovi, e il saldo arriva in autunno, dopo la vendita della restante quota di produzione. I prezzi variano a seconda dei consumi e del valore di quel che si pone sul mercato.

La denominazione.
La denominazione dei vini garantisce il consumatore riguardo l’origine e la qualità del vino: ci sono regole e parametri da rispettare alla lettera. La sua vocazione sta nel valorizzare e rendere interessanti e appetibili i vini e, di conseguenza, le uve di una particolare zona.
Tutte le denominazioni, pur rispettando precisi parametri di legge, non sono egualmente efficaci: l’obbiettivo è elevare e sostenere i vini sui mercati mondiali ma alcune ci riescono meglio, altre meno. Vero è che una denominazione chiara e ambiziosa è anche più richiesta, quindi forte.
Tanto per non fare nomi posso citare Barolo, Barbaresco, Valpolicella, Champagne, Brunello, eccetera.
La denominazione forte riesce a imporsi al consumatore, in altre parole a tutta la filiera che acquista: dai professionisti a chi compra al dettaglio per un consumo quotidiano.
La nostra denominazione così com’è ora, ci consente di apparire sugli scaffali della Gdo (grande distribuzione organizzata) con un valore medio-basso, dev'essere assolutamente concorrenziale con tutti i vini pari valore per non perdere mercato. La concorrenza provoca alti e bassi nelle vendite, inevitabili ripercussioni sui prezzi delle uve, che visto il posizionamento dei vini - per quanto ci si sforzi di tenerlo alto - rimane decisamente al di sotto degli standard che l'Oltrepò Pavese meriterebbe.
Per spiccare il volo è necessario produrre un "vino del territorio". Noi oggi ce l'abbiamo e si chiama Cruasé: un biglietto da visita solo nostro, che ci offre la possibilità di far crescere una produzione edonistica capace di generare valore aggiunto per il territorio.
Il cammino verso il traguardo sarà più o meno lungo a seconda di quanto impiegheremo a essere compatti: meglio ci presenteremo in termini di qualità assoluta e percepita dei prodotti, più veloce sarà il percorso che gradualmente ci porterà a entrate decisamente più alte.
A ogni evento, manifestazione e talk show del vino il Metodo Classico rosé dev'essere Cruasé, il nostro marchio collettivo. La storia e gli ettari sono dalla nostra: il rosé, da noi, non è frutto di alchimie e miscele, ma il risultato della naturalissima spremitura di uve Pinot nero, a sostenere questo progetto ci sono 15 milioni  di piante Pinot nero affacciate sulle nostre colline.

Tra sogno e realtà.
Consentitemi di sognare. Oggi con 3 mila ettari vitati abbiamo un potenziale da 40 milioni di bottiglie, vendute a un prezzo medio di 7 euro. Contiamo su un fatturato di 280 milioni di euro. L’Oltrepò Pavese potrebbe ipoteticamente arrivare a mettere in campo per il Cruasé la forza di 3 mila aziende: la media di superficie produttiva sarebbe di 1 ettaro ad azienda con un fatturato annuo di 93 mila euro. Senza contare che alcune zone di produzione godono di un valore aggiunto decisamente più alto di quello prospettato.
No, non sono sogni...

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giovedì 10 settembre 2009

Vendemmia 2009:
nasce «Oltrepò Style»,
il blog di Paolo Massone

Cari amici,
conoscete da tempo la mia propensione a comunicare, oggi, su quell'onda, inizia un'avventura nuova. Stimolato in questo senso dallo staff del Consorzio, ho scelto di dialogare con voi e con gli "enonauti" del web attraverso una newsletter settimanale dentro cui  inseriremo informazioni, annunci, ma anche botta e risposta che altrimenti non avremmo modo di far arrivare a tutti, con l'immediatezza che Internet consente. Una mossa per garantire ancor più trasparenza e coinvolgimento.
Ritengo sarà sempre più importante confrontarsi e discutere, in questo nostro Oltrepò, animati dalla voglia di costruire e di procedere compatti nella stessa direzione. Abbiamo bisogno che tutti facciano (e dicano) la loro, animati dal solo desiderio di elevare quella denominazione che resta la nostra stella polare.
I grandi progetti che abbiamo davanti, a partire dal lancio del marchio collettivo Cruasé (Metodo Classico Docg naturalmente rosé da Pinot nero), dimostrano che il nostro non è più il vecchio regno dei campanili e dei piccoli orti. Qualcosa sta cambiando, anzi, è già cambiato.
La nostra zona di produzione ha origini antichissime, la storia vitivinicola ha radici importanti ed edonistiche. Questo territorio evoca l'immagine di persone straordinarie, grandi lavoratori, produttori che hanno lasciato un segno tangibile del loro passaggio. Dobbiamo prendere tutto questo patrimonio storico-culturale, ancora sconosciuto ai più, e farlo percepire al mercato, che per certi aspetti ci relega ancora nei confini di una banalità che certo non meritiamo.
La formula, secondo me, è credere più in noi stessi e lavorare insieme per un progetto comune dal valore edonistico importante: è l'unico modo per dare al nostro universo produttivo il valore aggiunto che si merita.
Ogni settimana vi offrirò qualche spunto per avviare e via via consolidare un dialogo efficace e coinvolgente.


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