sabato 19 settembre 2009

Prezzi delle uve: come leggerli, determinarli, farli crescere

Prezzi delle uve: un argomento di sicuro interesse e allo stesso tempo di difficile approccio. Proviamo, insieme, a capirci qualcosa in più.

Premessa: grande rilevanza ce l'ha il mercato, la borsa delle vendite, che determina le giacenze di vino nelle cantine. Inutile sottolineare che se sono vuote si affronterà il mercato con un'enfasi molto diversa, non avendo scorte da smaltire: quantità disponibile e domanda determinano il prezzo.

Detto questo, qualità a parte, due sono le condizioni che determinano i prezzi delle uve: il primo è il mercato commerciale diretto. Per semplificare funziona così: il viticoltore vende le proprie uve a un commerciante che segue un andamento di mercato, in genere si concorda un prezzo che può oscillare di pochi euro a seconda della zona di provenienza delle uve, dal loro stato di maturazione e salute. Quando il volume di vendite tende al ribasso si ritirano le uve senza stabilire un prezzo preciso, in questo caso il viticoltore si trova nella triste situazione di doversi accontentare, di fermarsi alla soglia minima di “sopravvivenza”.

Altro caso riguarda i soci conferenti alle Cantine cooperative: un mondo a sé, che esula completamente dal discorso vendita uve dal viticoltore a terzi. In pratica il vignaiolo vinifica le proprie uve in un centro (Cantina sociale) insieme a quelle degli altri soci, segue la filiera di trasformazione e pone in vendita i vini così come qualsiasi cantina privata che produce e trasforma. Il prezzo delle uve è determinato da come e quanto vino si riuscirà a vendere. Il pagamento delle uve viene effettuato con acconto, in primavera, alla vendita dei primi vini nuovi, e il saldo arriva in autunno, dopo la vendita della restante quota di produzione. I prezzi variano a seconda dei consumi e del valore di quel che si pone sul mercato.

La denominazione.
La denominazione dei vini garantisce il consumatore riguardo l’origine e la qualità del vino: ci sono regole e parametri da rispettare alla lettera. La sua vocazione sta nel valorizzare e rendere interessanti e appetibili i vini e, di conseguenza, le uve di una particolare zona.
Tutte le denominazioni, pur rispettando precisi parametri di legge, non sono egualmente efficaci: l’obbiettivo è elevare e sostenere i vini sui mercati mondiali ma alcune ci riescono meglio, altre meno. Vero è che una denominazione chiara e ambiziosa è anche più richiesta, quindi forte.
Tanto per non fare nomi posso citare Barolo, Barbaresco, Valpolicella, Champagne, Brunello, eccetera.
La denominazione forte riesce a imporsi al consumatore, in altre parole a tutta la filiera che acquista: dai professionisti a chi compra al dettaglio per un consumo quotidiano.
La nostra denominazione così com’è ora, ci consente di apparire sugli scaffali della Gdo (grande distribuzione organizzata) con un valore medio-basso, dev'essere assolutamente concorrenziale con tutti i vini pari valore per non perdere mercato. La concorrenza provoca alti e bassi nelle vendite, inevitabili ripercussioni sui prezzi delle uve, che visto il posizionamento dei vini - per quanto ci si sforzi di tenerlo alto - rimane decisamente al di sotto degli standard che l'Oltrepò Pavese meriterebbe.
Per spiccare il volo è necessario produrre un "vino del territorio". Noi oggi ce l'abbiamo e si chiama Cruasé: un biglietto da visita solo nostro, che ci offre la possibilità di far crescere una produzione edonistica capace di generare valore aggiunto per il territorio.
Il cammino verso il traguardo sarà più o meno lungo a seconda di quanto impiegheremo a essere compatti: meglio ci presenteremo in termini di qualità assoluta e percepita dei prodotti, più veloce sarà il percorso che gradualmente ci porterà a entrate decisamente più alte.
A ogni evento, manifestazione e talk show del vino il Metodo Classico rosé dev'essere Cruasé, il nostro marchio collettivo. La storia e gli ettari sono dalla nostra: il rosé, da noi, non è frutto di alchimie e miscele, ma il risultato della naturalissima spremitura di uve Pinot nero, a sostenere questo progetto ci sono 15 milioni  di piante Pinot nero affacciate sulle nostre colline.

Tra sogno e realtà.
Consentitemi di sognare. Oggi con 3 mila ettari vitati abbiamo un potenziale da 40 milioni di bottiglie, vendute a un prezzo medio di 7 euro. Contiamo su un fatturato di 280 milioni di euro. L’Oltrepò Pavese potrebbe ipoteticamente arrivare a mettere in campo per il Cruasé la forza di 3 mila aziende: la media di superficie produttiva sarebbe di 1 ettaro ad azienda con un fatturato annuo di 93 mila euro. Senza contare che alcune zone di produzione godono di un valore aggiunto decisamente più alto di quello prospettato.
No, non sono sogni...

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